Percorso consigliato

Un itinerario studiato per non perdersi nulla

Un itinerario pensato per non farti perdere neanche uno degli scorci più belli e interessanti. Partendo dal rinomato ponte a “schiena d’asino” attraverserai tutto il borgo per poi giungere in un rilassante viale alberato nella parte alta del paese.

PONTE MEDIEVALE “A SCHIENA D’ASINO”

XIII° secolo

Il Ponte medievale a “schiena d’asino” sovrasta il fiume Biscubio ed è forse il monumento più caratteristico di Apecchio, unico nel suo genere nella provincia di Pesaro e Urbino.
Era il punto di arrivo delle strade che dal circondario giungevano ad Apecchio.
Un documento della fine del Trecento attesta la sua esistenza, affermando che era stato parzialmente guastato come atto di guerra dai Tifernati (abitanti di Città di Castello).
Non si hanno notizie anteriori, ma è possibile che si tratti di una costruzione antecedente l’anno Mille. Il ponte è costruito in pietra arenaria e presenta la particolare forma a schiena d’asino, dovuta al fatto che ogni semi-arcata si appoggia sull’altra, determinando la stabilità di tutta la struttura. In passato, sul colmo del ponte, c’era un’edicola con l’affresco della Madonna del Ponte, molto venerata. Verso i primi anni del ‘900 fu però smontata, perché il ponte era troppo vecchio per reggerne il peso. Ai suoi piedi, fu attiva per decenni la bottega di un fabbro ferraio, mentre lunghe file di muli e cavalli si ripararono sotto le sue arcate. Il vecchio ponte fu completamente restaurato e consolidato negli anni Ottanta.
Non solo d’interesse storico ma anche artistico, dato che il ponte è stato ritratto da Raffaello Sanzio nel celebre dipinto “La Madonna del Cardellino”.

Ponte medioevale a schiena d'asino sec. XIV Apecchio

CHIESA DI SANTA LUCIA

XI° secolo

Si trova nel centro di Apecchio col fianco destro adiacente alla strada provinciale.
Il sagrato è posto sotto il livello della strada, per accedervi occorre scendere alcuni scalini.
La facciata è intonacata e ha profilo a capanna, la caratterizzano un portale in pietra architravato e una piccola lunetta finestrata. L’aula interna ha pianta rettangolare, due ampie arcate a tutt’altezza si susseguono tripartendo lo spazio in campate.
In controfacciata domina una cantoria con parapetto rettilineo in legno dipinto. La campata centrale presenta altari a cofano addossati alla parete. Quella di fondo ospita il presbiterio dominato iconograficamente dal frammento d’affresco della Crocifissione.
Chiesa trecentesca al cui interno, oltre a due tele del 1600, vi sono affreschi di probabile scuola giottesca. Va aggiunto che e’ l’unica chiesa certa templare con tre croci, qui e’ sepolto Giulio Ubaldini 1620.
Altri dipinti murali frammentari rivestono la parete sinistra della navata. Due finestroni si aprono in alto sul fianco destro a illuminare naturalmente la chiesa.
La chiesa ha struttura in pietra e tetto in travi di legno. Il pavimento interno è in cotto.

MACINA DA GUADO

XIV° secolo

Utilizzata fin dall’antichità per macinare il “Guado” (Isatis Tinctoria), pianta erbacea che veniva coltivata intensamente nel nostro territorio e per almeno due secoli. Il Guado ha costituito una ricchissima economia per gli abitanti della zona, tanto è vero che i commercianti del luogo possedevano case a Venezia, a Firenze e a Milano. Questa erba, che veniva raccolta fino a cinque volte l’anno, doveva essere ridotta in poltiglia per mezzo di grosse macine di pietra, messa a essiccare e successivamente polverizzata.
La polvere era usata per tingere di azzurro tessuti di ogni genere e fare tempere per affreschi. Il Duca di Urbino e il Conte di Apecchio avevano creato un marchio D.O.C. nei loro territori per garantire la purezza del prodotto e chi contravveniva a queste regole veniva punito severamente.
Nel 1600 questa economia finì a causa dell’importazione dalle Indie dell’Indaco che veniva a costare molto meno. Il territorio di Apecchio mantiene ancora molte testimonianze sia di piante di Guado, sopravvissute al tempo e che nascono spontanee nelle nostre campagne, sia di Macine ancora disseminate nei loro luoghi di lavoro nelle campagne circostanti.

TORRE CAMPANARIA

XIV° secolo

Torre dell’Orologio detta “el Campanon”, con la sua imponenza costituiva l’ingresso principale per chi giungeva ad Apecchio passando per il Borgo. Ai lati dell’arco di ingresso sono ancora visibili le scritte “concordia praesit”, ovvero regni la concordia.
Sopra l’arco campeggia lo stemma della famiglia Ubaldini.
La campana fusa nella metà del Seicento e denominata “Ave Maria Stella” è conservata nel Museo dei Fossili e Minerali del Monte Nerone. Nel 1700 la torre fu dotata di un orologio di cui ancora si conservano i quadranti originali mentre il vecchio meccanismo è conservato presso il Museo.
Il terremoto del 1781 la fece cadere in parte, cosi come nel Palazzo crollò il piano superiore.
In piazza troviamo alcuni palazzi gentilizi la cui architettura ci rimanda al tipico stile tardo rinascimentale, queste costruzioni erano abitate dalle famiglie nobili del tempo e dai rami cadetti dei Conti Ubaldini.

CHIESA DELLA MADONNA DELLA VITA

XVI° secolo

Il piccolo edificio cinquecentesco, con pianta a mezza croce greca, si trova nel cuore del centro storico di Apecchio. Il suo interno è stato restaurato nel 1972. Sulla facciata si trova un affresco della Madonna col Bambino. Nata come ospedale allora gestita da una confraternita.
Al suo interno conserva importanti opere d’arte come il quadro della Madonna Della Vita, posto sull’altare maggiore dipinto dal Picchi.
Nell’altare di sinistra vi è un Crocifisso ligneo della metà del quattrocento ed in quello di destra una crocifissione del seicento di autore ignoto

chiesa della madonna della vita

QUARTIERE EBRAICO

XVI° secolo

Fa parte del quartiere Vicoletto lungo 28 metri e largo da un minimo di 37 a un massimo di 42 centimetri, considerato uno dei più stretti tra quelli esistenti in Italia. La presenza della comunità ebraica in Apecchio è documentata dalla fine del XV secolo.
Negli Statuti che il conte Ottaviano Ubaldini della Carda nel 1492 dette al castello di Apecchio erano contemplate norme specifiche per gli ebrei. Tali regole fissavano il tasso di interesse sul prestito di denaro che non poteva essere superiore al 12% per i cittadini locali e al 18% per quelli forestieri.
Si stabilivano i giorni in cui gli ebrei potevano tenere aperto il banco e come gli stessi potevano procurarsi la carne kasher cioè adatta per essere consumata. Ancora oggi una via si chiama “Via dell’Abbondanza”, in ricordo di tutti quegli ebrei che li avevano i magazzini e i banchi delle loro merci (pellame, tessuti, granaglie e alimenti vari).
Papa Giulio III nel 1552 decretò che le Sinagoghe e le case degli ebrei dovevano essere costruite in edifici separati, anche se vicinissimi a quelli dei cristiani, per non sfuggire al pagamento della tassa di dieci ducati annui. Tale somma cospicua andava a finanziare gli istituti di Roma i quali ospitavano tutti gli ebrei convertiti.
Il “giro d’aria”, come veniva anche definito, delimita l’intero caseggiato di destra formato dalle abitazioni degli ebrei, dove troviamo anche il piccolo cortile dove veniva celebrata la festa delle Capanne (Sukot), la sinagoga e il forno.

PALAZZO UBALDINI

XVI° secolo

Porta i tratti caratteristici dell’architettura quattrocentesca.
La costruzione del palazzo iniziò su progetto di Francesco di Giorgio Martini nel 1477 per volontà del conte Ottaviano II Ubaldini Reggente del Ducato di Urbino e Legislatore di Apecchio. Fu il conte Ottaviano II Ubaldini della Carda che lo commissionò. A realizzare l’opera furono delle maestranze lombarde, le stesse che operarono nel palazzo ducale di Urbino.
Fu lui infatti che nel 1494 diede alla comunità apecchiese lo Statuto, uno strumento giuridico con cui, seppur con modifiche, integrazioni e bandi successivi, gli Ubaldini governarono questi luoghi per oltre trecento anni.
Si possono ancora ammirare lo splendido porticato, formato da otto colonne scolpite su blocchi circolari di pietra arenaria e sormontate da capitelli ionici e le quattro ampie finestre del piano nobile, con cornici di pietra lavorata, che vi si affacciano.
Al di sopra del colonnato corrono eleganti finestre finemente incorniciate con arco a tutto sesto e cornici adorne del primo stemma degli Ubaldini (il giglio di Firenze), in seguito cambiato con la testa di un cervo che l’imperatore Federico II donò al conte Ubaldino Ubaldini per un atto di valore.
Le grotte di Palazzo Ubaldini, fatte costruire nella metà del Quattrocento dal Conte Ottaviano Ubaldini su progetto dell’architetto Francesco di Giorgio Martini, sono dei sotterranei con volta a botte che svolgevano varie funzioni: l’ala sinistra era adibita a scuderia, mentre nella restante parte si trovano un pigiatoio per l’uva, le prigioni del Conte e il pozzo o neviera dove veniva immagazzinata la neve che permetteva, durante il periodo estivo, la conservazione dei cibi.
Dal centro del porticato si nota il tradizionale pozzo-neviera, oggi stanza del Museo dei Fossili.
Gran parte del palazzo è stata distrutta da un terremoto che nel 1781 ha risparmiato, oltre al cortile, solo un salone del piano terra e parte della gradinata di accesso al piano nobile.
Fa parte del complesso architettonico della Piazza la Pieve di San Martino edificata prima dell’anno mille (XI sec.) sulle rovine di un tempio pagano. La chiesa è anche dedicata a San Martino di Tour, il santo che vestito da guerriero romano difende la fede cattolica fino al martirio contro l’eresia. Il Santo viene ricordato ogni 11 settembre in occasione della festa patronale.
All’interno del Santuario si venera l’immagine del SS. Crocifisso che la tradizione popolare vuole miracoloso in quanto ha salvato il paese dal disastroso terremoto del 3 giugno 1781.
Vi sono conservate varie opere d’arte tra cui 2 tele del Pandolfi, alcuni quadri del 600 di autore ignoto dove sono raffigurati i Duchi di Urbino e i Conti di Apecchio, un affresco battesimale sempre del ‘600 e due altari di arenaria sempre del XVII sec.

ufficio iat apecchio

MUSEO DEI FOSSILI E MINERALI DEL MONTE NERONE

Il prestigioso museo ha sede nei sotterranei di Palazzo Ubaldini.
E’ stato istituito oltre venticinque anni fa, quando si decise di raccogliere le varie collezioni private di fossili e minerali (Bartolucci, Bei e Paleani).
Da allora, grazie all’apporto volontario di alcuni benemeriti cittadini, il Museo espone oltre duemila pezzi di notevole pregio scientifico oltre che estetico, alcuni di questi unici come l’Hybopeltoceras Paviai di cui si conserva un esemplare ritenuto da molti esperti eccezionale sia per bellezza che per valore paleontologico.

VICOLO DEGLI EBREI

XVI° secolo

Fa parte del quartiere Vicoletto lungo 28 metri e largo da un minimo di 37 a un massimo di 42 centimetri, considerato uno dei più stretti tra quelli esistenti in Italia. La presenza della comunità ebraica in Apecchio è documentata dalla fine del XV secolo.
Era il cosiddetto giro d’aria che separava le case degli ebrei da quelle dei cristiani, questo per eludere il pagamento della tassa prevista nel caso ci fosse stato il contatto tra gli edifici.

CHIESA DI S. CATERINA D’ALESSANDRIA

X° secolo

La chiesa dedicata a S. Caterina d’Alessandria, martire nel 305 per non aver voluto rinunciare alla sua fede in Cristo, fu costruita intorno alla XIII secolo per venerare il culto della Santa Egiziana forse a spese di qualche facoltoso cavaliere reduce dalle crociate.
Da Sempre la Santa è considerata la protettrice delle donne nubili in cerca di marito e delle sartine, le cosiddette “Caterinette”.
La struttura semplice e soprattutto la parte ipogea testimoniano la sua antichità, poiché tale struttura nacque per riunirsi in preghiera quando era ancora pericoloso farlo.
Documenti relativi a questa chiesa si trovano in tarda età: nei primi anni del 1700 si parla di un campo vicino ai beni della Madonna della Vita, che assicurava il mantenimento della Chiesa.
L’importanza della piccola chiesa per gli apecchiesi è dovuta forse al fatto che la parte inferiore della stessa era la sede del nostro SS. Crocifisso, la venerazione del quale aumentò a dismisura dopo l’evento miracoloso del terremoto del 3 giugno 1781.
Viene attribuito al Crocifisso ligneo infatti, la salvezza dell’intera popolazione.
La Chiesa per la sua scarsa capienza si rivelò inadatta ad ospitare la moltitudine di gente che vi si recava per cui l’Arciprete don Luigi Volpi nel 1886 chiese al Vescovo l’autorizzazione a spostare il Crocifisso nella Chiesa grande attualmente Santuario del SS Crocifisso.
Ciò avvenne nel 1889 dopo aver predisposto una sede “Decentemente preposta all’altare del SS. Nome di Dio in Pieve”.
Da quel momento cominciò il decadimento della Chiesa, attualmente (2001) restaurata.

VIALE DI VELLUTO E ACQUA SULFUREA

Detto “degli innamorati” era una antica strada sterrata che collegava alcuni campi e due chiese, quella di Santa Caterina d’Alessandria con quella di San Francesco extra muros, ora scomparsa. Attualmente è un viale erboso e alberato dove è possibile fare passeggiate immersi nel verde e rinfrescarsi alla vicina fonte di acqua sulfurea dalle note proprietà benefiche.
Nei pressi si trova il centro sportivo con la sala polivalente, il campo da tennis, la pista di pattinaggio, il parco giochi, la casetta dell’acqua e l’imbocco per il famoso sentiero che porta alla cascata della Gorgaccia (238A).

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