Le De.C.O. del Comune di Apecchio, sinonimo di eccellenza e di qualità

Il Consiglio Comunale ha istituita la Denominazione Comunale di Origine “DE.C.O.”, al fine di censire, valorizzare e promuovere le attività ed i prodotti agroalimentari e alogastronomici del territorio come strumento di promozione turistica e dell’immagine del Comune stesso.

Il significato del marchio è tanto semplice da capire quanto importante, per cui la sua funzione principale è quella di rappresentare lo strumento con cui un territorio, un comune e la sua comunità possano da un lato tutelare le proprie produzioni, dall’altro innescare un processo di sviluppo territoriale eco-sostenibile, di natura prettamente endogena.

Il desiderio è quello di valorizzare le risorse del territorio e salvaguardare le peculiarità produttive locali, alla stregua, più che di un brevetto, di uno strumento di promozione dell’immagine del Comune da cui possono derivare, fra le altre cose, importanti occasioni di Marketing Territoriale con ricadute positive sull’intera comunità.

Il marchio DE.C.O. è uno strumento di cui l’intera comunità potrà beneficiare utilizzandolo come marchio di qualità e tutela del prodotto.
E’ stata istituita una commissione di controllo per valutarne l’utilizzo e per tutelarlo in ogni sede.
Sono state inserite tra le DE.C.O. le ricette del Salmì del Prete, del Bostrengo di Apecchio e della Coradella d’Agnello di Serravalle di Carda.
Sono ricette tipiche tradizionali preparate con metodi molto particolari in grado di contraddistinguerci.

Bostrengo, il piatto “svuotacredenza”

Il Bostrengo è un dolce tipico delle Marche. Le sue origini sono incerte, sia il Montefeltro che la zona dell’ascolano si contendono la paternità di questo dolce che assume nomi diversi, viene chiamato Burlengo in provincia di Pesaro-Urbino fino alla Romagna e Frustingo nel sud delle Marche.

La varietà degli ingredienti che lo compongono lascia supporre che la sua preparazione abbia avuto origine nelle campagne del Montefeltro in tempi remoti.
Una delle sue particolarità è che la ricetta cambia da zona a zona, nel giro di pochi chilometri possiamo trovare delle varianti determinate dalla disponibilità di prodotti diversi.

Inizialmente era un dolce dei poveri, veniva chiamato anche “svuotacredenza” poiché, appunto, per farlo si usava un pò tutto quello che c’era in casa.
Veniva preparato con gli alimenti base della tavola contadina come pane raffermo, farina, noci, mele, chi secchi e zucchero a cui via via se ne sono aggiunti altri quali farina gialla e buccia d’arancia.

E’ importante precisare che la ricetta per la preparazione del Bostrengo di Apecchio è rimasta invariata nel corso dei secoli, a differenza di altri luoghi dove il dolce ha subito delle contaminazioni con l’aggiunta di riso e di cacao che, seppur sfiziose, hanno determinato un allontanamento dalla tradizione per il semplice fatto che il riso e il cacao in particolare, sono entrati nella cucina delle nostre popolazioni in epoca più recente rispetto alla ricetta originale.

La ricetta del Bostrengo di Apecchio è stata tramandata nei secoli dalle massaie che preparavano il dolce, sia per integrare la povera dieta alimentare della famiglia, sia in occasioni di feste importanti, utilizzando ciò che avevano in casa. Oggi prelibatissima eccellenza riesce a differenziarsi tra tanti dolci.

Apecchio vanta di tantissime casalinghe che riescono a fare il vero “Bostrengo”.
Viene ricordato con la tradizionale “Sagra del Bostrengo” in programma tutti gli anni durante il periodo di ferragosto.

Dove mangiare il vero Bostrengo

Ristorante Civico 14+5
Via Dante Alighieri, 19 – Apecchio
Tel. 338 9769898
civico14piu5.it

Salmì del Prete, la “nuova” tradizione

Il piatto venne riproposto oltre quarant’anni fa dalla titolare del ristorante Ghighetta di Apecchio, Agnese Pazzaglia, che si avvalse della collaborazione di un’altra abile cuoca locale, la Sig.ra Margherita Martinelli in occasione della “Settimana Gastronomica” organizzata dalla Pro-Loco.

A questa manifestazione partecipò, in qualità di ospite, l’attrice Ave Ninchi che in quel momento conduceva la seguitissima trasmissione televisiva di cucina “A tavola alle otto”, in onda su RAI 1.
Dopo aver assaggiato il Salmì del Prete la Ninchi invitò Agnese Pazzaglia a partecipare al programma.

La rappresentanza apecchiese intervenne e il Salmì del Prete vinse la sfida gastronomica contro il piatto preparato dall’attore Gianrico Tedeschi.

Dove mangiare il Salmì del prete

Agriturismo Ca’ Cirigiolo
Strada Comunale per Scalocchio – Cà Cirigiolo – Apecchio
Tel. 348 005 8169
cacirigiolo.it

Ristorante Civico 14+5
Via Dante Alighieri, 19 – Apecchio
Tel. 338 976 9898
civico14piu5.it

Coradella d’agnello di Serravalle di Carda

È un piatto strettamente legato alle tradizioni gastronomiche del nostro territorio.

In passato tutte le famiglie, soprattutto quelle che vivevano in campagna, possedevano pecore ed agnelli. Negli anni Cinquanta solo la frazione di Serravalle di Carda contava greggi per un totale di circa ottocento capi.

Gli anziani del paesino ancora oggi narrano come da bambini assistevano alla preparazione della Coradella d’agnello. Quelli erano altri tempi, nulla poteva essere sprecato e la preparazione della coradella permetteva di recuperare, dando loro un gusto appetitoso e unico, le parti dell’agnello meno nobili (come il fegato, i polmoni, il cuore, i reni, le animelle e il rognone).

Curioso è il fatto che gli allevatori vendevano gli agnelli interi, per racimolare qualche soldo per le magre casse familiari, per poi ricomprare le interiora necessarie per preparare la Coradella.

Era considerata un piatto povero ma col passare del tempo, vista soprattutto la particolarità della preparazione che le conferisce un sapore particolarmente squisito, ha iniziato ad essere proposto nei ristoranti del luogo, riscuotendo uno straordinario successo.

Dove mangiare la Coradella d’agnello

Trattoria Rossana
Via Cagli 97 – Serravalle di Carda
Tel. 0722 90146

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